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GOLA HUNDUN II/II

Intervista con l’artista italiano Gola Hundun sul suo nuovo progetto HABITAT:

Il regno naturale ha sempre influenzato e guidato l’immaginazione umana e continuerà a farlo. La forza generatrice della natura è in qualche misura un atto artistico.

HABITAT è una ricerca etologica e metafisica su edifici costruiti originariamente per esigenze umane, trascurati e in alcune parti colonizzati da diversi esseri viventi come piante, animali o funghi, che, pur avendone talvolta convertito lo spazio e la forma, ne hanno mantenuto la funzione originaria. Che cos’è, cosa ti affascina del recupero dello spazio attraverso la natura? 

Avete mai incontrato sul vostro cammino uno di questi luoghi ibridi? Per me ogni volta è un’esperienza magica, e i volumi che vengono a generarsi dall’incontro degli spigoli delle architetture con le forme organiche vegetali sono delle sculture a tutti gli effetti, bizzarre e vive. Per me sono come dei templi della vita. Quando poi l’architettura di partenza è religiosa, si creano degli echi conturbanti… Questi luoghi hanno in sé già tutto il concetto della ricerca, l’uso del territorio, il cambio di funzione da naturale ad antropico e di nuovo rinaturalizzato, il passaggio del tempo. Un’estetica a mio avviso molto interessante. Un esempio tangibile di come potrebbe essere il volto dell’inizio dell’era post-antropocenica, un simulacro di un futuro distopico in cui l’essere umano è scomparso da poco. La cosa interessante poi è la parte esperienziale, legata all’esplorazione di questi luoghi. Queste installazioni sono accessibili, visitabili, e ognuno può carpirne dettagli diversi. La realtà in fondo è una compresenza di dettagli e l’occhio attento potrà scorgere, all’interno di queste strutture, il nido del codirosso o la tana dello scoiattolo. Io dispongo spesso anche delle fototrappole per immortalare tutto ciò. Questi posti rappresentano la congiunzione tra mondo umano e mondo naturale, il punto di contatto tra due mondi da troppo tempo divisi, un concetto, questo, che ho cercato sempre di far emergere nella mia ricerca. È questa l’idea di coesistenza che sto indagando specificatamente con i lavori di HABITAT.

Qual è il tuo obiettivo con il progetto? Vuoi documentare e informare, sensibilizzare e chiamare le persone all’azione, o evidenziare e riflettere la dipendenza dell’uomo dalla natura? 

Con HABITAT spero di perseguire un po’ tutti questi obiettivi. Penso che una posizione cosciente divenga inesorabilmente anche attiva, e questa fase storica in cui sono già in atto mutamenti negli “equilibri” interni alla società e nel mondo naturale ha bisogno più che mai di un’azione cosciente propositiva, sia dal basso che dall’alto. Il desiderio è proprio quello di esaminare e trasformare l’antropocentrismo che ancora oggi, nella maggior parte degli individui, in maniera spesso inconsapevole, è alla base del pensiero e dell’azione, essendo esso divenuto un assioma intrinseco alla cultura umana, in special modo quella dominante occidentale. A tutti gli effetti, l’uomo è un animale, non un alieno né una macchina, e come tale fa parte del regno naturale. È assolutamente insensato, a mio parere, che si continui ad agire senza tenere conto di questo, del fatto che tutto sia connesso.

C’è un’organizzazione metodica alla base del tuo progetto? 

La parola “metodico” purtroppo non ha molto a che fare con me ah ah ah. A volte mi servirebbe un po’ più di metodo, ma sono un fanatico della sperimentazione e del mutamento continuo. Tuttavia, a forza di missioni esplorative in luoghi anche lontani, sto cominciando ad avere una sorta di modus operandi. Generalmente c’è una fase di sopralluogo del rudere d’interesse (notato durante una scampagnata o scorto dal finestrino dell’auto in corsa o, ancora, scovato su un blog di mappatura). Di recente sto facendo riferimento a Inloco.eu, un progetto di “spazi indecisi”, un’associazione culturale di Forlimpopoli, che fornisce una mappatura di ruderi tarata sull’Emilia Romagna, perfetto per me visto che per ora è il mio campo di indagine principale. Giunto alla rovina, rimango in contemplazione delle sue forme e capisco come e se intervenire nel rispetto della sua sacralità; molto spesso opto per interventi rimovibili, proprio perché questi luoghi sono per me magici e resi perfetti dal caos generativo. In questa fase, a volte posiziono una fototrappola per carpire la vita animale di ciò che è divenuto tempio perduto. Gli animali diventano guide per i movimenti di camera delle take video che ritraggono il rudere in questione, come se la fotocamera divenisse l’animale stesso che lo popola.

In un secondo momento, torno al rudere armato di strumenti, colori o stendardi per l’intervento. In questo caso vengo accompagnato dall’altra metà del progetto HABITAT, Johanna Invrea (in arte Irana Credi), responsabile della parte documentativa fotografica e video del progetto, oltre che co-regista dei video. Le foto di Johanna diventano non solo documentative ma veri manufatti in una ricerca che sto esplorando in questi mesi in merito alle stampe su ottone e relative ossidazioni. 

Descriveresti il tuo approccio più come artistico, scientifico o ambientalista? 

Direi che si tratta inevitabilmente di un’ibridazione dei tre. Tuttavia, vorrei aggiungere che la mia curiosità per gli esseri viventi, e ancor più per la loro interazione, è guidato da un certo fascino per la vita stessa, intesa come forza generatrice nel suo senso più magico e misterioso. In quest’ottica, penso che il mio lavoro abbia un carattere quasi spirituale che forse è il senso più intimo e originario del mio bisogno di fare, forse più di altre cose che sono un ponte di contatto con lo spazio reale. 

Il meravigliarsi delle possibilità dell’esistenza, il fantasticare su come potrebbe essere il vivere/convivere in maniera diversa nel mondo, o di come è stato durante la preistoria, o ancor prima che la specie Homo si sviluppasse… questo è ciò che riecheggia spesso tra i miei occhi e il mio cervello.

Usi anche colori naturali o ecologici quando fai murales o altre opere? 

Da qualche tempo sento la necessità di allontanarmi dalle tinte sintetiche per motivi etici e di continuità del pensiero su ciò che effettivamente produco. Già dal 2015 ho iniziato a preparare i miei supporti, evitando così l’utilizzo di colla di coniglio nelle mie tele. Da un anno a questa parte sto sperimentando l’ecoprinting, la tecnica australiana di stampa che utilizza i pigmenti naturali dei vegetali per contatto, sia su tela che su carta. Di recente ho iniziato timidamente a dipingere con i colori ad olio naturale in sostituzione degli acrilici che finora sono stati il principale vettore della mia pittura. Anche per sculture o installazioni cerco di agire con materiali naturali come argilla, canne, rami, tessuti; a volte, però, si presenta la necessità di impiegare proprio quei materiali che rappresentano il brutalismo del costruire umano per enfatizzare ulteriormente il contrasto… Questo per me è sicuramente un momento di cambiamento e sperimentazione… del resto, ho sempre approcciato il fare in questo senso, e non potrei viverlo diversamente. Sul versante muralismo, vorrei iniziare a lavorare maggiormente con colori naturali, sebbene ad oggi non ci siano soluzioni minerali pratiche e cromaticamente soddisfacenti per il mio immaginario e modo di lavorare, ma spero che le cose cambieranno, o dovrò autoprodurre anche le mie tinte :).

Oltre al tuo lavoro di pittore, crei anche installazioni pubbliche che incorporano fibre, piante vive, musica e spettacoli dal vivo. Puoi dirci qualcosa di più su quello che hai progettato per HABITAT?

La parte urbana del progetto HABITAT comprende installazioni e murales che accolgono al loro interno la presenza di piante vive come elemento compositivo anche in ibridazione col linguaggio pittorico sulle facciate. Utilizzo la tecnica del giardino verticale alla Patrick Blanc (con relative casette-nido per diverse specie di animali urbani come chirotteri, uccelli, coleotteri…) e lo faccio soprattutto allo scopo di facilitare il ritorno della natura all’interno dello spazio antropico non solo in maniera allegorica ma anche pratica. Le fronde e le fioriture delle piante installate costituiscono un interessante richiamo per insetti e uccelli cittadini. Ho potuto constatarlo con i miei occhi appena finito di installare il primo muro realizzato con questa tecnica, la scorsa estate, a Forlì: una corposa farfalla colibrì è arrivata sfrecciando su fiori di ligustro, mostrandomi un gruppetto di coleotteri svolazzanti. È stato emozionante!

Un’altra parte importante del progetto HABITAT è il film. La serie di esplorazioni e avventure attorno agli edifici divenuti qualcosa di altro si condenseranno in un film realizzato in collaborazione con Johanna Invrea in qualità di co-regista e film-maker. Il film offrirà una visione di un prossimo futuro distopico, collocato subito dopo la fine dell’antropocene, con uno sguardo specifico alla realtà territoriale dell’Emilia Romagna. Stiamo collaborando anche con Emanuele Volpondi per le riprese da drone e con Tommaso Campana (naturalista e guida ambientale escursionistica) per le riprese macro. Il film sta diventando inoltre un ottimo pretesto per riprendere a creare musica e suono, campo in cui da troppo tempo sono mio malgrado fermo. Sarò in prima persona impegnato su questo fronte, ovviamente consigliato e supportato da veri musicisti: Dimitri Reali e Paolo Baldini (Ponzio Pilates), Simone Marzocchi (Sibode dj), Francesco Bucci (Ottone Pesante).

Credi nella simbiosi tra arte e natura? Pensi che l’arte urbana possa influenzare la società?

Il regno naturale ha sempre influenzato e guidato l’immaginazione umana e continuerà a farlo. La forza generatrice della natura è in qualche misura un atto artistico.

Credo che il proprio intorno, al pari delle proprie esperienze e dell’educazione, abbia un forte impatto sulla cultura e sull’evoluzione di ogni singolo; perciò penso che anche l’arte urbana abbia un ruolo fondamentale in questo, e noi artisti muralisti che abbiamo il privilegio di disporre di un canale comunicativo così potente, fruito da molti, abbiamo anche il dovere intrinseco di utilizzare consapevolmente le facciate per lanciare un messaggio, anziché fare della decorazione che si andrà a sommare all’infinita griglia di pubblicità e cartellonistica cittadina.

Per tutti quelli che ora sono curiosi e vogliono vedere e sapere di più su HABITAT: come prosegue il progetto quest’anno? Quando e dove avremo l’opportunità di vedere il tuo lavoro?

Il 2021 si presenta pieno di sfide e di nuove avventure! Dedicherò la quasi totalità della mia produzione a HABITAT su larga scala: ci sarà un grosso intervento in Italia, una prima grande mostra (cui sto lavorando sin d’ora) e poi si partirà (appena sarà possibile) alla volta di diverse tappe internazionali. Parallelamente alle azioni artistiche, ci sarà un’attenzione particolare per la formazione di tavoli di discussione sui temi legati al progetto, con il coinvolgimento attivo di personalità accademiche, tecnici ed esperti di architettura, paesaggio e ambiente. 

Le tappe e le evoluzioni del progetto HABITAT si potranno seguire sul mio sito web e su Instagram. Sono ben accette anche segnalazioni e considerazioni sul tema da parte di tutti!

GOLA HUNDUN

Rimini, Italia

golahundun.com

Instagram golahundun

Facebook golahundun

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Immagini © GOLA HUNDUN

 

Marzo 2021